Dovrebbe essere lui, secondo i carabinieri e la procura, il capo dell’organizzazione che sfruttava prostitute tra la Villa d’Almè Dalmine e l’ex statale 525, e che spesso pretendeva da quelle stesse lucciole di portare con sé delle microspie, per ascoltare i dialoghi registrati tra le stesse donne sfruttate e i loro clienti. D. L., albanese di 23 anni, è finito in carcere, anche a causa delle dichiarazioni di una 19enne ucraina, la sua fidanzata, che aveva costretto a prostituirsi. Al momento dell’arresto da parte dei carabinieri l’uomo era nella zona di via Carducci, a Bergamo, per la precisione nei pressi di un appartamento in via Comin Ventura, utilizzato come base della sua organizzazione.
L’arresto di D. L., ritenuto il capo dell’organizzazione, segue a quello di un primo complice fermato a inizio dicembre e di un altro albanese arrestato a Bari, grazie alle indagini svolte a Bergamo, il giorno di Natale. In casa l’immigrato albanese, aveva un computer portatile e diversi dischi rigidi sui quali aveva depositato decine e decine di conversazioni ascoltate tramite le microspie. Il sospetto dei carabinieri è sempre quello che grazie alle registrazioni delle lucciole la banda albanese potesse arrivare a ricattare anche i clienti. Sempre nell’abitazione di via Comin Ventura c’erano anche due pistole e molti proiettili: una beretta e una scaccia cani trasformata in arma in grado di sparare davvero, entrambe calibro 7,65.
fonte: Bergamonews
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